Sono al bar, devo aspettare un amico che non arriva. Avevamo appuntamento un quarto d'ora fa, ma come direbbe lui: al bar si aspetta sempre volentieri! Sarà...
Bevo e nel frattempo do uno sguardo veloce alla gazzetta. Litigano per uno scudetto di cinque anni fa. La richiudo immediatamente.
In quel momento si avvicina un ragazzo sulla trentina, con fare amichevole, troppo amichevole per i miei gusti. Vuole da accendere, lo accontento. Mi chiede alcune indicazioni per prendere il treno la mattina dopo. Deve stare in giro tutta la notte visto che non può pagarsi un albergo. Dopo poco si siede, sapevo che lo avrebbe fatto, era inevitabile.
Non è il classico disperato che vaga per la città senza una meta e neanche il punkabbestia che gira per il mondo con 20 euro in tasca. E' abbastanza normale, visibilmente stanco e poco curato, ma come molti alla fine di un viaggio. Finita l'università e con un lavoro precario alle spalle, aveva deciso di abbandonare la grande città per prendersi un periodo libero; era in giro da più di un mese, partito senza una meta precisa girovagando fra Italia e Francia, vivendo alla giornata e spendendo quello che poteva.
Mi parla di una ragazza, in quel momento i suoi occhi si fanno più spenti, un racconto di una storia d'amore finita male come tanti sentiti in precedenza. Lei è una sorta di madonna dal cuore nero capace di rovinare nel peggiore dei modi la vita al nostro amico. Mi confessa perfino che ad un certo punto era arrivato a seguirla di notte e pensava al suicidio nel resto del tempo.
Un pazzo?
No, uno come tutti noi. Perché alla fine può succedere a tutti di ritrovarsi a girovagare per la città con le idee più strane in testa e una voglia matta di farla finita per colpa di una stronza, che magari in fin dei conti così stronza neanche lo è.
Preso dal male di vivere, la gelosia che lo divorava giorno dopo giorno, e l'ossessione per lei che ormai faceva da padrone la sua vita, era sull'orlo del precipizio. Una mina vagante che per non esplodere decide di andarsene e spegnersi pian piano allontanandosi da quella che ormai era per lui una zona di guerra.
L'esilio volontario come unica forma di sopravvivenza.
Ma ora è il ritorno a casa a spaventarlo. L'idea di tornare a vivere a Roma, in quel mini appartamento di periferia, con un'afa insopportabile, il traffico, lo smog e il caos generale sono per lui una sorta di spettro da scacciare. Mi guarda con gli occhi di chi vede con invidia il giardino del vicino, vorrebbe anche lui la tranquillità della provincia con i ritmi lenti e verde ovunque.
A parer mio è solo paura di confrontarsi con la sua vita e i suoi fantasmi passati.
Dopo poco se ne va, si è accorto di aver detto più di quanto fosse necessario, non vuole trattenersi oltre. Non lo fermo, è stata una conversazione interessante ma ho poco da dirgli e non penso di poter lenire una ferita che per altro si sta rimarginando da sola.
Ci salutiamo con la promessa di beccarci su facebook. Non succederà ma va bene così.
Ritorno ad aspettare.
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