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La Periferia con le sue storie, le idee, i pensieri e le immagini di un luogo dove non succede mai niente.

...inoltre: cinema, fotografia, cultura e altre cose che mi passano per la mente.

mercoledì 30 gennaio 2013

Lincoln













L'ultimo film di Steven Spielberg, versione impegnato e non divertito, è un biopic sul grande presidente americano. Abramo Lincoln. (Se non ve le svelo io certe cose...).
150 minuti per descrivere i giorni antecedenti all'emendamento che portò all'abolizione della schiavitù e la successiva fine della guerra. Un dramma storico con tutti i crismi del caso: regia classica, attori bravissimi, fotografia patinata, scenografie impeccabili e un minutaggio importante.
Ho dimenticato qualcosa?
Si la sceneggiatura. Ecco perché Lincoln ha una sceneggiatura prevedibile, un binario prestabilito su cui procedere senza particolari guizzi. Insomma una costosissima puntata di History Channel con Daniel Day-Lewis.
Inutile negarlo. Mi sono annoiato e molto. Per certi versi mi ha ricordato J. Edgar di Eastwood.
Spielberg cerca il nuovo capolavoro, ma è vittima della reverenza storica del personaggio e dell'intera vicenda. Sembra quasi affrontare ogni figura storica con religioso rispetto, creando un film di personaggi statici chiusi nella loro caratterizzazione, circondati da altrettante macchiette.
Per carità il cast è notevole, Tommy Lee Jones e David Strathairn sono bravissimi, James Spader sornione irriconoscibile e Daniel Day-Lewis si carica il film sulle spalle. Ma è pura maestria, esibizione di bravura di questi pochi attori, se tutto il resto ci scivola via fra uno sbadiglio e un finale risaputo.

Ci sono due tipi di Biopic. 
Il primo che risponde alla vocazione del "ehi ora ti faccio conoscere una storia bellissima."
Il secondo che invece è più per  "la storia la conosci, ma te la racconto nei dettagli con tanta emozione".

Lincoln è chiaramente il secondo, e allora Steven se tutti noi spettatori sappiamo già che quella cazzo di Schiavitù verrà abolita e che l'emendamento passerà, mi dici perché ti sei giocato tutto su quel singolo momento? E' inutile che mi fai la suspense nella conta dei voti, è inutile che mi fai vedere Lincoln con suo figlio mentre succede, ed è altrettanto inutile che mi fai vedere quella sagoma inespressiva di Joseph Gordon -Levitt con i baffetti che fa finta di essere preoccupato.
Cazzo dammi un'emozione che sia una. Fammi vedere qualcosa che non mi aspetto. E per favore basta fare l'occhiolino a Obama, ce ne siamo accorti tutti di quell'infame battuta che presagisce al presidente di colore. Insomma Steven vincerai qualche Oscar, hai concluso il tuo trittico sulla schiavitù in America (Il Colore Viola, Amistad e Lincoln), hai lavorato con Daniele Day-Lewis, ma di questo film ci dimenticheremo tutti nel giro di poco.

Ora una nota a parte merita il doppiaggio. Io l'ho visto con la voce di Pierfrancesco Favino, voglio credere che da altre parti venga proiettato diversamente. In certi momenti mi son voltato per vedere se effettivamente c'era Favino in sala che doppiava in diretta. Perché dico questo?
Perché è un doppiaggio terribile. In alcune scene ha una voce, in altre cambia di brutto. Prende delle stecche terribili. Ogni tanto urla chee sembra il Libanese (pijamose l'Alabama). Non la capisco questa moda degli attori famosi che doppiano altri attori altrettanto famosi. Guardatelo in lingua originale.



domenica 27 gennaio 2013

cento sequenze (23) - Cowboy Bebop

Si è una serie animata. Non un film.
La lista è mia e faccio come voglio. In ogni caso Cowboy Bebop è un capolavoro, 26 episodi di rara bellezza. Sicuramente un caposaldo dell'animazione nipponica. Se non l'avete mai visto forse non capirete l'emozione di questa scena, e in quel caso vi consiglio di recuperare l'intera serie per godere anche della strepitosa colonna sonora di Yoko Kanno.
Se invece siete anche voi fan di Cowboy Bebop, c'è poco da dire. Questa è sicuramente una delle sequenze più belle, dove per la prima volta il passato di Spike assume una dimensione umana e tragica.


venerdì 25 gennaio 2013

The real Avengers? Io li vedo così.

Sogno un film con tutt i migliori agenti segreti riuniti. Una sorta di Avengers fottutamente reali, presi dai vari film action degli ultimi anni. Un'ammucchiata di lusso. Roba da invadere la Cina con un manipolo di eroi.

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JAMES BOND (aka Iron Man)














Il nostro Tony Stark. Elegante, strafottente e pieno di donne. Arriva con la macchina figa, vestito meglio di tutti, non scappa da niente, e se c'è da mandare un'infiltrato ad una festa esclusiva tocca a lui.
Insomma il re della categoria. Uno 007 reduce da grandi incassi, sicuramente il più famoso della banda e poco incline allo spirito di gruppo.


BRYAN MILLS (aka Capitan America)

















Direttamente dalla serie Taken. Liam Neeson grazie a questo personaggio si reinventa uomo d'azione in varie pellicole altrettanto discutibili. Come Capitan America è il perfetto patriota moderno.  
Per lui l'America è il miglior paese del mondo e chiaramente il più sicuro. Però, come sapete, la figlia smatta e va in vacanza nella pericolosa Parigi per finire seviziata da una banda di extracomunitari.
Patriota, un po' fascistello, da poco in pensione. Gli piace un casino stare al telefono, minacciare, dare ordini e chiaramente menare quando serve. Bryan Mills nonostante i mille difetti è quello che tiene il gruppo insieme e sventola la bandiera USA alla fine.


ETHAN HUNT (aka Thor)
















Chi meglio di lui. Chi meglio di Ethan Hunt di Mission:Impossible poteva essere il nostro Dio con la faccia da bellone. Perché Tom Cruise è dal 1994 che fa l'agente segreto, e più invecchia più fa le cose difficili.
Vi ricordo che nel 2012 in Ghost Protocol scalava il Burj Khalifa, così tanto per far capire che lui nonostante tutto non è come noi, viene da un altro pianeta e ha un'altra religione.
Ethan Hunt è quello che ci mette la fantasia nella missione più improbabile se non impossibile, e chiaramente te la risolve.


JASON BOURNE (aka Hulk)

















L'ex agente segreto senza memoria. E' quello che spara di meno in assoluto. La pistola è un optional, gli esplosivi pure, e i fucili da cecchino servono solo per vedere meglio. La sua specialità? 
Pugni, calci e mosse che non ci si capisce niente. Poi fa esplodere tutto con uno stuzzicadenti.
E' il nostro Hulk. Quando lo metti in campo, e sta dalla tua parte, è fatta. Lui sbaraglia orde di agenti CIA e militari di ogni tipo, salta dai tetti a corsa e anche in auto quando serve, con un cellulare e una penna ti trova Bin Laden in dieci minuti. Se poi perde la testa e s'incazza è capace di muovere guerra ad un'intera città.
Va solo gestito.


BOB LEE SWAGGER (aka Occhio di Falco)













Dal film Shooter, il cecchino. Come Occhio di Falco anche il buon vecchio Bob Lee spara da distanze siderali e non manca mai un colpo. E' un gregario di lusso, ma che ti copre dall'alto.
Generalmente gira con cinque-sei fucili a tracolla e bombe fatte in casa. E' un amante della guerra fai da te, con tanto di shopping al supermercato.


FRANK MOSES (aka Nick Fury)














Il buon vecchio Bruce Willis direttamente dal film Red. E' il veterano dell'allegra brigata, uomo d'azione di vecchia data ormai in pensione, con qualche anno in meno sarebbe nel mezzo del casino con tanto di canottiera bianca. Più esperto del gruppo, eroe action da anni, è un perfetto Nick Fury. Una guida per questo variegato gruppo.


EVELYN SALT  (aka Vedova Nera)












Devo veramente motivare la sua presenza?
E' la figa. 
Cosi come lo era Scarlett Johansson negli Avengers.

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E' tutto. Sarebbe un grande film action, ad alto tasso di morti ammazzati sullo schermo.
Un po' come i Mercenari ma più attuali. Dai.

Chi sarà il mio preferito?



martedì 22 gennaio 2013

Riflessioni sparse su Django Unchained
















Ad una settimana dall'uscita, come ogni film di Quentin Tarantino, ne ho lette veramente di tutti i colori.
Si è perfino abusato della parola capolavoro, e per qualche oscuro motivo anche chi veramente di cinema ne capisce veramente poco ha voluto dire la sua. Quasi come se Tarantino fosse l'alpha e l'omega di ogni anima critica, dallo spettatore medio fino all'esperto.
E' un vortice che ti tira dentro contro ogni volontà.

Io la mia l'ho detta QUI, e non ho cambiato idea.

Se non avete visto il film non leggete oltre, ha poco senso e in più potrei rovinarvi qualche dettagli di troppo.
Django ha stimolato in me alcune considerazioni sparse sul film e sul cinema di Tarantino. Voglio lanciarne alcune, ma senza poi approfondire come sarebbe invece meglio fare altrove.

In primis vi segnalo la recensione che più di tutte mi è piaciuta. Quella di Gianluca Pelleschi su Spietati.it -> la trovate QUI. Quando dice:
Quello che rendeva non semplicemente "belli" ma grandiosi in senso trasversale gli utlimi lavori di Tarantino era un improvviso, inatteso scarto di livello. 
Riesce a riassumere perfettamente tutti i limiti e i pregi di Django Unchained.

1. Tutti vedono la forte analogia di quest'ultimo film con il precedente, Bastardi Senza Gloria. In questi due Tarantino ambienta una trama di vendetta su uno sfondo storico importante. Temi come la persecuzione degli ebrei nella Germania nazista e lo schiavismo sudista dell'ottocento, sono temi storici di primo livello. Talmente forti da condizionarne la trama intera.
Entrambi prendono spunto, nel nome più che nella sostanza, dal nostro cinema di genere degli anni sessanta e settanta. Quindi se vogliamo potremmo parlare di una sorta di dittico.
Guardando meglio l'intera filmografia potremmo individuarne una sorta di schema stilistico-narrativo abbastanza puntuale, dove il regista sembra alternare coppie di film con analogie fortissime a opere singole.

Le Iene - Pulp Fiction
Jackie Brown
Kill Bill vol. 1 - Kill Bill vol. 2
Death Proof
Inglourious Basterds - Django Unchained

Chiaramente sono solo una chiacchere. Ma il prossimo film di Quentin sarà ancora di ambientazione storica oppure ci spiazzerà con qualcosa di totalmente nuovo?

2. Sempre per inserire Django all'interno della sua filmografia, l'altro giorno su Twitter ho postato una provocazione matematica.
Django Unchained : Bastardi Senza Gloria = Kill Bill vol. 1 : Kill Bill vol. 2
In effetti Django risulta meno riflessivo, meno dirompente, e più divertito del precedente. Se vogliamo è la differenza che intercorreva fra il volume uno di Kill Bill e il secondo, dove lo spirito citazionista e sregolato si attenuava, verso una maggiore impronta autoriale e meno di genere. Quello scarto di livello che giustamente segnala Pelleschi nella sua recensione, e che mancava anche nel primo film della sposa a mio avviso.

3. Django Unchained è forse il primo film di Tarantino totalmente lineare a livello narrativo. Non ci sono lunghi salti temporali, ed è il meno debitore di quella Nouvelle Vague francese che tanto ha condizionato lo stile dei primi film.

4. Qualcuno fuori dal cinema mi ha fatto notare un particolare interessante. Concordava con me che l'uccisione di Calvin Candie da parte del Dottor Schultz scrive la parola "fine" in anticipo. In effetti l'uscita di scena di Leo Di Caprio fa perdere al film il suo baricentro dei buoni contro cattivi, e ben due dei suoi protagonisti (e che protagonisti). Ma a trovarci ancora più d'accordo è come sia anonima e priva di tensione drammatica quella scena, a tutti gli effetti i due muoiono in maniera veramente stupida.
Questo è sicuramente un parere personale. Però il particolare interessante è questo. Il Dottor Schultz è tedesco, nel film ci viene presentato come pragmatico e cinico, capace di gestire situazioni di tensione ed ammazzare senza pietà. Ripeto le tre parole chiave: tedesco, pragmatico, cinico.
Ecco il suo andare fuori di testa, ad affare concluso, con Broomhilda e Django finalmente riuniti, mettendo a rischio la vita di entrambi, è totalmente fuori del personaggio presentato fino ad allora. Il suo "non ho saputo resistere" è un comportamento più latino-romantico-cattolico, piuttosto che tedesco-pragmatico-protestante.
Vero che queste attenzioni non hanno mai fatto parte della poetica tarantiniana, però stavolta mi è sembrata una forzatura eccessiva.

Ok ora se avete qualche insulto scrivete pure nei commenti.





sabato 19 gennaio 2013

Spot -> Casta Diva Group



















Vi segnalo la pagina Facebook di Casta Diva Group.
Azienda fighissima che si occupa di spot pubblicitari, film, eventi, festival e comunicazione a 360°.

Alcuni loro lavori sono veramente interessanti.
--> Qui la pagina.
Premete Like fortissimo e dite che vi mando io.

venerdì 18 gennaio 2013

Django Unchained
















Ho letto diverse recensioni, non ho trovato quella giusta ed ecco che arriva quella che nessuno stava aspettando. La mia.

Ora cinque premesse doverose.
1. Della polemica con Spike Lee non me ne frega un cazzo.
2. Come sopra per le polemiche su razzismo e violenza.
3. Django Unchained è uno spaghetti western? Andate a cercare risposte altrove.
4. La più importante. Non starò qui a scrivere una recensione di due pagine facendo il figo ad elencare tutte le fottute citazioni e riferimenti.
5. L'ho visto doppiato in italiano. Perdono.

E ora musica. 
(ci sentite bene, è proprio quella.)
















Django Unchained è l'ultimo film di Quentin Tarantino. Un tipo considerato "genio della settima arte" dopo appena due film. Era il 1994, usciva Pulp Fiction e lui era già Storia del Cinema. Entrato nei libri alla velocità della luce, quasi vent'anni dopo è sempre sulla cresta dell'onda grazie ad un pugno di film marchiati dalla parola capolavoro.
L'evento è servito, così come le discussioni all'uscita del cinema. 
E se non avete una mazza per far tacere tutte quelle fastidiose opinioni, meglio allontanarsi in fretta.
Perché Django dividerà come non mai, troverete fan entusiasti e critici che gridano al capolavoro, non mancheranno i detrattori finalmente contenti e gli esperti delusi pronti a massacrarlo. Pareri all'opposto dove anche io non riesco a trovare un baricentro oggettivo a cui appoggiarmi.

Django Unchained ha momenti straordinari dove Tarantino dimostra ancora di saper creare sequenze memorabili, che si imprimono nella testa di noi spettatori con la forza dirompente di un martello. Purtroppo per il sottoscritto quei momenti sono stati veramente pochi per un film che dura ben 165 minuti.
Questo southern (bella definizione) ambientato nell'America schiavista ad un passo dalla guerra di secessione, è l'ennesimo revenge movie del regista con variazione sul tema. E la variazione così come fu per Bastardi senza Gloria, è la storia. In questo caso la profonda cicatrice dello schiavismo sudista nell'ottocento. 
Una sfida difficile, giocata con il sarcasmo misto ad una cattiveria che solo Tarantino sa creare. In questo Django Unchained è unico e grandioso, in nessun altro film troverete la raccapricciante verità storica con il sorriso dietro l'angolo ad aspettarvi. Niente lezioni o moralismi, tutto esagerato ed edulcorato, eppure rimane e fa male quando deve. Lo fa sopratutto nella parte centrale, dove la storia prende finalmente il volo e vi saprà regalare puro cinema con la C maiuscola. La parte dominata dai cattivi, quella dove Leonardo Di Caprio fa il suo show nei panni del proprietario terriero Calvin Candie, e Samuel L. Jackson ti sfodera l'interpretazione che non ti aspetti e ti manda in visibilio.
Durante la gita a CandieLand Tarantino da il meglio di se, su una storia che diventa tutto ad un tratto piena di tensione; e in un tripudio attori da urlo anche i dialoghi tornano ad essere fluidi e smaccatamente intelligenti. Uomini sbranati, Alexandre Dumas e perfino un teschio in tavola. Sessanta minuti (circa) talmente belli che ti dimentichi quell'inizio zoppicante e un po' spento. Ti dimentichi una trama che fino ad allora sembrava tirata per le orecchie. Ma sopratutto ti dimentichi che ad un certo punto è passato Franco Nero con il cartello "ero l'attore del Django originale". 

Django Unchained è, nonostante quanto appena scritto, il film peggiore di Quentin Tarantino o per lo meno è quello che mi è piaciuto di meno. Un inizio dominato dall'ottimo Christopher Waltz e il bravo Jamie Foxx, che però sbandano nelle pieghe di una trama apparentemente confusa e con diversi tempi morti.  Entusiasmano poco le scorribande del dottore e l'ex schiavo come cacciatori di taglie, e anche i dialoghi sembrano esser soporiferi, il tutto condito da musica su musica esplicitamente autoreferenziale.
La vera delusione è però il finale. L'ultima parte è completamente superflua e scontata; una stanca cavalcata verso i titoli di coda, con passaggi forzati e qualche battuta a rendere meno indolore il tutto. Anche il vostro interesse nella storia calerà drasticamente e non sarà la vendetta al suo culmine a salvare il film da un alone di noia. Senza epica, senza mordente, senza colpi di scena; Quentin Tarantino chiude il suo Django con'inaspettata superficialità indegna del suo talento visionario.

In definitiva un film fra alti e bassi, che potrebbe deludervi e non poco a causa anche delle alte aspettative con cui andrete al cinema. Ma c'è chi ne esce felice come se fosse il film della vita. Quindi andate e vedete.
Il mio voto è uno scarso 6,5.




giovedì 17 gennaio 2013

cento sequenze (22) - Bastardi Senza Gloria

Oggi esce il nuovo film di Quentin Tarantino, colgo l'occasione per ricordare Bastardi Senza Gloria che è uno dei film che preferisco della sua filmografia e che stasera passa in televisione.
Per questo film ci sono almeno dieci scene memorabili che io porto nella mia gelosa memoria cinefila, e quindi eccezionalmente ve ne posto due. Scegliete voi la vostra preferita.

Il re-incontro fra Landa e Shosanna. Un colpo di scena di grande maestria fra scelta dell'inquadratura e commento musicale. 

















Lo splendido e sarcastico finale che conferma ancora una volta il talento irriverente di QT.
















PS: i video sono in lingua originale perché la versione italiana fa schifo e ve la dovete togliere dalla testa.

mercoledì 16 gennaio 2013

The Longest Way 1.0 by Christoph Rehage

Un divertente video in Timelapse.  Idea carina e ben realizzato.
Voi ragazze (ma anche ragazzi) potete sbizzarrirvi nel trovare il minutaggio della vostra "barba preferita".


domenica 13 gennaio 2013

The Master














Freddie Quell (Joaquin Phoenix) soldato nella guerra del Pacifico, torna a casa distrutto nell'animo e nel sistema nervoso; dedito all'alcolismo e perennemente in fuga, incontra casualmente Lancaster Dodd ( Philiph Seymour Hoffman) scrittore e leader di una setta religiosa, che lo porterà ad abbracciare "La Causa" e a seguirlo in un lungo viaggio introspettivo e spirituale sullo sfondo dell'America anni '50.

The Master è letteralmente un fiume in piena di parole e significati, denso di emozioni, profondo anche nelle piccole sfumature di regia, esagerato nella sua potenza visiva.
Paul Thomas Anderson scava nuovamente nel cuore dell'America, nelle sue contraddizioni, nella società del benessere, e in coloro tanto deboli da esser guidati da un oratore che promette di salvarli dal loro passato. Non parla di Scientology e non tratteggia la nascita delle sette religiose; lontano dall'essere un film di accusa o di scandalo che punta il dito contro il marcio che si nasconde dietro queste organizzazioni, Anderson si concentra quasi esclusivamente sul rapporto fra i due protagonisti. Quel maestro e il suo discepolo, legati a filo doppio e tenuti insieme a lungo da momenti d'intenso confronto intellettuale, fino a dipanarsi verso inaspettate soluzioni contrarie. Sono loro due il motore del racconto in una trama guidata dal dialogo, innestata sui colori di una strabiliante fotografia del rumeno Mihai Malaimare Jr a tratti superba per resa dell'immagine, e accompagnata dalle musiche evocative di Jonny Greenwood (Radiohead). Un cast di prim'ordine su cui svettano gigantesche ed inarrivabili le sublimi interpretazioni di Joaquin Phoenix e Philiph Seymour Hoffman, due dei più grandi attori viventi, qui alla loro prova migliore. I loro duetti provocano brividi lungo la schiena per intensità e verve interpretativa. Phoenix in primis, lontano dal set per oltre quattro anni, risorge abbandonandosi completamente ad un personaggio scomodo e difficile, eppure mai così bravo e mostruosamente perfetto.

Nonostante tutto questo è difficile valutare The Master con il solito metro di giudizio, a paragone con Il Petroliere il quesito diventa ancor più complicato. Paul Thomas Anderson firma il suo film più viscerale e intransigente, si concede pochissimi seppur bellissimi vezzi estetici, e dilaga nei dialoghi come non mai. Un vortice verbale e visivo cui non basta una singola visione per coglierne tutta la materia narrativa, salvo rimanerne comunque colpiti e profondamente ammaliati.
Un'opera di una disarmante bellezza che risplende in quel tetro panorama artistico che è la Hollywood d'autore contemporanea. P.T. Anderson si conferma il miglior regista americano di oggi.



lunedì 7 gennaio 2013

Jack Reacher
















Jack Reacher è un personaggio creato da Lee Child per una ventina di romanzi, il film invece è di Christopher McQuarrie (che ha fatto diverse robe, tra cui scrivere I Soliti Sospetti), e la star che si carica tutto sulle spalle è il buon vecchio Tom Cruise.

Andiamo per ordine.
La trama. C'è un cecchino che spara a 5 persone a caso in un parco con freddezza disarmante. La polizia a dai primi rilevamenti riesce immediatamente ad identificarlo. Il cecchino viene arrestato, e invece di confessare chiede di Jack Reacher. Quest'ultimo arriva in città di sua spontanea volontà, e grazie ad un avvocato mosso dalle migliori (quanto improbabili) intenzioni si mette ad indagare sul caso. Qualcosa non torna, Jack lo intuisce subito.
Il personaggio. Jack Reacher è un ex-poliziotto militare decorato con ogni tipo di medaglia, che dopo la guerra ha deciso di vivere alla giornata. Senza cellulare, senza carta di credito e senza indirizzo. E' praticamente irrintracciabile, conosceva il cecchino e aveva con lui una vecchia promessa. E' scaltro, atletico, e picchia nei punti giusti. Ha sempre la battuta pronta. Naturalmente fa innamorare le donne, senza però perderci tempo. Un eroe duro, maschio e risoluto come quelli di una volta.
Impressioni. Il film è buon action-thriller che diverte e appassiona. Parte benissimo con una trama che sembra promettere colpi di scena ad ogni angolo con intrighi loschissimi, salvo poi invece dipanarsi in una soluzione abbastanza semplice e inverosimile.
Dal mio punto di vista è stata una scelta azzeccata, inutile perdere tempo a costruire un intreccio da grande thriller quando le intenzioni sono ben altre. Jack Reacher è un eroe action che risolve le cose a modo suo, e quando vuole giustizia se la fa da solo senza ricorrere a tribunali e polizia. Da questo punto di vista il film funziona a dovere; mantiene un low-profile senza esagerare, con cattivi spietati e chiaramente "immigrati", dispensando ironia a piccole dosi e ben calibrata. In molti hanno scritto che è un film come quelli di una  volta, si forse le intenzioni e la caratura del personaggio portano verso questa direzione, ma diventa difficile non vedere il solito emulo di Jason Bourne in alcune scene concitate, sopratutto quelle di lotta.
Detto questo è un film consigliato per chi desidera una visione di svago, senza incappare nel solito filmaccio hollywoodiano che vorrebbe ma non può. McQuarrie fa un lavoro ottimo, tira fuori il massimo da una storia che di più non poteva dare. A conti fatti mi sento di consigliarlo, io personalmente mi sono divertito.
Tom Cruise. Impossibile parlare di questo film senza parlare di lui. Per certi versi si potrebbe parlare di errore di casting. Tom inizia ad avere una certa età (e si vede) ed è già abbastanza identificato come Ethan Hunt; se si voleva puntare su un eroe action per un nuovo franchise cinematografico non è certo la scelta giusta. Tralasciando però questa considerazione, non posso che rendere onore a quest'immenso attore, che ce la mette sempre tutta anche in prodotti minori come questo. Cruise è un attore che fa pubblico a se, prendere o lasciare, se lo odiate non andate a vederlo perché tanto in scena c'è sempre e solo lui, gli altri fanno da comparse. E' come sempre il più fico, con le inquadrature migliori, le battute più belle, e i cattivi li mette fuori gioco solo lui. Tom Cruise è uno dei pochi esemplari rimasti di attori old style, porta in scena il suo personaggio senza ombre con tutte le luci addosso, darà il meglio di se nei panni dell'eroe ma non aspettatevi nulla di diverso rispetto ad altri film similari. 
Io non riesco a volergli male. 
PS: Nel film c'è pure Robert Duvall che fa un po' il vecchio simpaticone che da una mano. Certo il suo "dare una mano" alla fin fine è abbastanza comico.
PSS: C'è pure Werner Herzog che fa il cattivone. E' senza dita ed ha una teoria tutta sua sul sopravvivere quando fa freddo.


domenica 6 gennaio 2013

cento sequenze (21) - Porco Rosso

E' uno dei miei Miyazaki preferiti. Una storia bellissima, totalmente fuori dai canoni narrativi dell'animazione giapponese.
Questa scena con la sua irriverenza parla da sola. Capolavoro.


giovedì 3 gennaio 2013

Consigli: The Force of Hobbit








Oggi vi voglio consigliare questo blog -> THE FORCE OF HOBBIT di Edna Von V.

E' un blog di cinema nato da poco, ma non per questo da sottovalutare. Edna è competente, scrive bene, scrive spesso, e ha trovato la linea giusta da dare ai suoi articoli. Strafottente come ogni buon blogger, vi dirà la sua sui film in uscita e quelli visti in anteprima.
Insomma leggetelo.
Se non vi bastano le motivazioni tecniche, Watanabe conferma che la ragazza somiglia veramente a Mélanie Laurent.