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La Periferia con le sue storie, le idee, i pensieri e le immagini di un luogo dove non succede mai niente.

...inoltre: cinema, fotografia, cultura e altre cose che mi passano per la mente.

giovedì 1 agosto 2013

Mai dire Mai












Mi sembrava un messaggio importante da condividere con voi in questa probabile ultima volta. 
Ma andiamo per ordine.

Ho iniziato a scrivere questo post due giorni fa di ritorno da Milano. 
Ero su un treno regionale in abissale ritardo, stanco, e un po' nervoso. Trenitalia aveva gentilmente deciso di regalarmi una gita in tutte le stazioni più sperdute della regione, perché per un qualche assurdo motivo era stato deciso che dovevamo fermarci ECCEZIONALMENTE in ognuna di esse.
Di fatto era venuto fuori un post incazzato, per certi versi pure delirante. Neanche si capiva con chi ce l'avevo. L'ho riscritto.

Il punto è semplice cari e rari visitatori, questo bellissimo ed intrigante blog si ferma. 
Come avrete visto il numero di post negli ultimi mesi è andato diminuendo progressivamente, e con l'arrivo dell'estate lo stop nel mese di agosto vien da se. Purtroppo potrebbe non essere una pausa estiva, ma un fermo più lungo e forse definitivo.
Non vado in vacanza. Ho avuto la grande idea di accettare la folle proposta di lavorare su un film low-low budget, molto punk, molto caldo, molto fregatura. L'ho fatto perché credo molto nel regista e nel gruppo di lavoro che si è formato, e anche perché avevo voglia di qualcosa di diverso.
Cambiare momentaneamente lavoro, città e persone. Era una cosa che mi portavo dietro dall'inverno e di cui avevo sinceramente bisogno, se pur superficialmente e solo per un mese. Sarà divertente? Mi farà bene? Boooh. Sicuramente sarà stancante.
Ma rallegriamoci. Il lavoro sul set finisce il 31 agosto. Io rientro in ufficio il 2 settembre.
E poi? Poi inizieranno i due mesi più vivi, pieni, stancanti, strani e complessi dell'anno. Per tutta una serie di ragioni che non vi sto a spiegare.

Tutta questa menata di cazzi miei per dirvi che al di là della mia non voglia, effettivamente non avrò molto tempo per aggiornare il blog. Magari una sera mi prende e vi butto là una recensione, o un post Periferia come ai bei tempi. Magari invece questo post sarà ancora qui inchiodato per una decina d'anni come l'ultimo di una lunga serie di cazzate che vi ho raccontato. 

Quindi Mai dire Mai.

Baci alle ragazze e abbracci ai maschietti.
















Per dirvi che se tornerò in scena tanto vale farlo con stile. Come insegna Iron Tony.

giovedì 18 luglio 2013

Pacific Rim

Di Pacific Rim parlo da tempo.
Se non avete memoria o siete capitati su questo blog per caso andate QUI con annesse pagine linkate.
Lo aspettavo in gloria. Complice anche un hype 2.0 stratosferico gonfiato a dismisura dal trailer.
















Sono uscite recensioni in anteprima entusiaste. Sono volate frasi come Capolavoro e Cult Movie. Abbiamo letto i commenti gasati di grandi registi. Poi è uscito.
L'ho visto in preda alla fotta e un po' ci sono rimasto male.
Sinceramente mi aspettavo di più. Troppo forse. 
Dopotutto era normale. 
Robot giganti contro Mostri alla Godzilla. Guillermo Del Toro in regia e Legendary Pictures a produrre. Insomma i soldi c'erano, le maestranze pure, e il soggetto un orgasmo japponerd.

Approfondimento: orgasmo japponerd.
Ogni ragazzo nato prima del 1985 circa che si rispetti è cresciuto sano e in forma grazie ai cartoni giapponesi e i loro insegnamenti. Primo fra tutti che sulla Terra regnerà per sempre la pace se a difendere Tokyo c'è un Robottone. 
Io andavo matto per Robot, li compravo tutti. Ma proprio tutti. Ho ridotto mia madre sul lastrico con quella mania. E probabilmente comprerò anche Gipsy Danger se mi capita a portata di mano.
Insomma in Pacific Rim ci sono i Robot, i mostri alla Godzilla, i piloti fighi, gli scenziati pazzi e i militari super tosti. Tutto quello che abbiamo sempre sognato.

Probabilmente a 15 anni sarei uscito dal cinema felice come un pazzo. Purtroppo ne ho il doppio e anche se sono un eterno adolescente in preda alle peggiori manie, a film concluso non avevo le braccia alzate dalla gioia. 

Pacific Rim è un film grosso, grossissimo, enorme. Ma con una serie di problemi direttamente proporzionali che o te ne freghi o te ne freghi. Sennò tanto vale uscire prima della fine.

A grandi linee gli rimprovero:
  • WTF Prometheus style. Come la sparata dei dinosauri.
  • Una trama a tratti ridicola e piena di buchi di sceneggiatura.
  • Ad eccezione di Ron Perlman e Idris Elba. Il parco attori è un canile. Cagnacci senz'appello.
  • Il protagonista ha meno carisma di Cyclope degli X-men. Tanto che non gli vuoi bene neanche quando fa l'eroe e salva il pianeta.
  • Una battaglia finale che mah mi aspettavo di più.
  • E una storia d'amore che boh anche no.
  • Un finale telefonato e che più telefonato non si poteva.
  • Totale mancanza di epica. Cazzo è la battaglia per salvare la terra o no?
Allora Pacific Rim è brutto?

No perché tutte queste pecche e brutture spariranno dalla vostra mente appena succede quello per cui avete pagato. E cioè:
Robottoni che menano fortissimo Mostri giganti.
Sono momenti che ti riconciliano con la tua infanzia e quell'immaginario dominato da Haran Banjo e soci. Quasi vorresti piangere dalla felicità da tanto che hai aspettato. Gli effetti sono al top e le scelte di Del Toro sono sempre azzeccate, puntuali, ricche di riferimenti e girate da Dio.
La lotta a fra Gipsy Danger e il Kaiju ad Hong Kong è qualcosa di straordinario che ti fa sobbalzare dalla poltrona. 10 minuti di lotta greco romana di proporzioni gigantesche fra i grattacieli della città. Musica a palla, pizze in faccia e ricorse con tanto di placcaggi da football. Chi più ne ha più ne metta. 
Sono in queste scene che Pacific Rim riesce nell'impossibile e conquista lo spettatore più ostico. Un film che doveva centrare un obiettivo e lo ha centrato in pieno. Certo un maggiore coinvolgimento nei momenti topici e di raccordo avrebbe giovato elevandolo a film indimenticabile. Ma rimane in ogni caso una visione obbligata che vi riempirà gli occhi e la testa.
Andate.
















## SPOILER ##
- Basta con questi muri di contenimento. Gli americani quando c'è un problema costruiscono un muro che si rivela puntualmente inutile.
-  Basta pure con la strategia finale super ragionata che stringi stringi consiste sempre nel:
Bomba in buca al primo colpo.

domenica 7 luglio 2013

Pyongyang di Guy Delisle






















Guy Delisle è considerato il miglior autore nel campo del Graphic Journalism. 
Reportage a fumetti per intendersi.
In questo momento ho appena iniziato Cronache di Gerusalemme, e Pyongyang è stata la mia prima incursione nella sua opera e in questo genere. Quindi non sono proprio il più accreditato per dare un giudizio ma  lo sparo ugualmente.
PYONGYANG di GUY DELISLE è un capolavoro.

Sembra un film di fantascienza invece è la Corea del Nord. (recita a grandi linee la quarta di copertina)
Delisle firma un reportage unico in una delle nazioni più enigmatiche dei nostri tempi, paradossalmente il paese più esotico e inesplorato rimasto al mondo.
Volete sapere come vive una tribù del Congo?
V'interessa la fauna delle isole Figi?
Avete il pallino della cultura Tibetana?
Sono tutte domande a cui libri, documentario e wikipedia possono rispondere. Ma chi può veramente dire cosa successo negli ultimi 50 anni in Corea del Nord? Chi può raccontare in maniera esaustiva questa nazione completamente avulsa da ogni logica globale?
Un incredibile esempio di dittatura dinastica totalitaria. Dove un leader è riuscito a creare una sorta di Monarchia divina senza essere un monarca, e glorificare a tal punto la sua figura fino a istituire un'adorazione religiosa verso se stesso e i figli. Una nazione chiusa nei suoi confini ai tempi di internet-google maps-cellulari e satelliti. La Corea del Nord stimola la curiosità di chi se ne interessa e Guy Delisle riesce con il suo libro-reportage a descriverci la capitale durante la sua permanenza.

Privilegiato dal poter entrare in Corea del Nord per lavoro e non come giornalista, gode di una maggiore libertà (se di libertà si può parlare) e una visione meno condizionata dai rigidi controlli. In una delle vignette è lui stesso a spiegare che i giornalisti che entrano sono i più controllati e soggetti a misure restrittive che rendono impossibile un degno lavoro.
Delisle invece riesce a tratteggiare l'incredibile vita di un "turista" in una capitale a tratti deserta, a tratti paradossale, mai normale. Sono tanti i passaggi che appassionano e ti spingono a voler sapere di più, come la visita ai ruderi dell'improbabile Ryugyong Hotel che ho scoperto invece essere stato completato recentemente. 






















Delisle riesce a incuriosire il lettore, e dare una perfetta visione di quel mondo che vuole raccontare. Sempre con grande ironia e sagacia Pyongyang appassiona come un fumetto d'intrattenimento e si colloca fra i migliori e più sinceri reportage sulla Nord Corea.
Io vi raccomando fortissimamente l'acquisto. Ripeto un grande capolavoro.

QUI potete leggerne gratuitamente una parte.
QUI una recensione su lospaziobianco.it
QUI alcune foto di Pyongyang

Questo il rapporto di Human Rights Watch nel 2013:

«La Repubblica Democratica di Corea (Corea del Nord) viola sistematicamente i diritti della sua popolazione. Il governo ha ratificato quattro importanti trattati internazionali sui diritti umani e prevede la loro protezione nella Costituzione, ma non permette l’organizzazione di opposizioni politiche, la libertà di stampa, una società civile funzionante, e la libertà religiosa. Arresti arbitrari, detenzioni, mancanza di processi giusti, torture e maltrattamenti dei detenuti rimangono problemi seri e pervasivi»

sabato 29 giugno 2013

L'Uomo D'Acciaio
















In un'epoca cinematografica completamente dominata dai cinecomics, dove perfino gente come Capitan America e I Fantastici 4 macinano buoni incassi e sequel, e Spider Man vola verso il quinto film in neanche 12 anni, Superman restava al palo con alle spalle quel mezzo flop di Superman Returns di Bryan Singer.
Il supereroe per antonomasia, fra i primi su carta e al cinema, a ben vedere mal si adatta ai tempi che corrono. Superman è pop nell'iconografia, nazionalista negli intenti, palloso nel carattere e praticamente indistruttibile nel fisico. Impresa ardua rivitalizzare un personaggio del genere.
In Warner e DC hanno deciso di puntare sul sicuro. Alla regia l'inossidabile Zack Snyder reduce da cinecomics come 300 e Watchmen. E in fase di scrittura e produzione la premiata ditta David S.Goyer/Christopher Nolan usciti vincenti dalla saga Dark Knight, l'unica capace di rivaleggiare con Marvel in quanto a incassi. 
Tre autori di tale portata su unico progetto porta ad inevitabili vette e cadute di stile. La mano di ognuno si fa sentire e talvolta entra in contrasto con le altre.

Mi spiego meglio. Riassumiamo velocemente lo script de L'uomo D'Acciaio.
  • Questo è il film dove si spiega la genesi del Supereroe. Da dove viene, cosa ha fatto per diventare così, e come mai sceglie questo ruolo.
  • Il cattivo principale del Supereroe in questo film non ci sarà. Forse nel prossimo.
  • La banda dei cattivi è direttamente correlata al suo passato.
  • La prima parte del film racconterà l'infanzia del Supereroe e la sua storia passata alternando il tutto con numerosi flashback. Azione praticamente zero.
  • La seconda parte sarà un'esplosione continua, con grandi scene d'azione e baracconate all'americana.
  • Alla fine del film il Supereroe avrà ben chiara la sua posizione di protettore dei deboli e della giustizia.
Che film è?
E' Batman Begins. Chris Nolan per rilanciare Superman non si è sforzato più di tanto, ha semplicemente deciso di improntare il tutto sul reboot di Batman e bissarne il successo con una formula sicura. Fatto questo ha lasciato un post-it con scritto: "Io ho finito, fatemi avere il bonifico. PS: Goyer non fa cazzate."

Premesso che la genesi di Batman si appoggiava ad una storia di Frank Miller poco conosciuta, e mai portata al cinema. Mentre la nascita e l'infanzia di Clark Kent è forse la parte più famosa della saga.
Di conseguenza l'effetto novità è notevolmente ridotto.
Ad aggravare il quadro c'è la mano di Goyer che decide per una prima parte su Krypton piena di spiegoni improbabili e alquanto noiosi, per poi innestare tutta la fase di formazione di Clark Kent con lui in giro per il mondo senza una meta e continui flashback sulla sua infanzia. Goyer si concentra sulle due figure paterne e i loro insegnamenti come linee guida del Superman che verrà; ne esce una sorta di visione "cristologica" dove Russel Crowe (Jor-El) è il Dio che manda Cristo sulla Terra, Kevin Costner (Jonathan Kent) è il padre terreno che lo cresce seguendo l'insegnamento divino (che a grandi linee è fatti i cazzi tuoi nonostante tutto.) e 33 anni dopo la sua nascita (!!!) l'eletto viene chiamato a fare una scelta di Fede.
Qui lo sceneggiatore tocca il fondo di una carriera ricca di incassi e ma anche di VAFFANCULO.
La lunga lista dei crimini contro l'umanità perpetrata da Goyer con questo film è lunga e ve la risparmio, alcune recensioni si prendono la briga di elencarle e non a caso sono lunghissime.
Mi preme invece parlare di Zack Snyder.
Non sono mai stato un suo grande estimatore, per certi versi credo sia molto sopravvalutato e per altri sottovalutato. L'alba dei Morti Viventi era carino, 300 una merda, Watchmen buono. Gli altri non li ho visti.
In L'uomo d'acciaio Zack mi ha piacevolmente sorpreso, gira alcune scene degne del miglior Malick (vedi quella del bambino con il cane), e quando deve spaccare tutto in uno dei finali più incasinati ed esplosivi degli ultimi anni da il meglio di se. In quanto a distruzione non c'è The Avengers o Transformers 3 che tengano, la lotta fra Zodd e Superman è devastante, e le conseguenze di una lotta fra superuomini sono ben realizzate.
Anche le scene di combattimento in volo, roba degna di Dragon Ball, sono credibili ed entusiasmanti.
Insomma Zack Snyder sembra l'unico ad essersi impegnato a risollevare veramente le sorti di uno script traballante con un supereroe tutt'altro che cool, e gli rendo merito di una regia sicura e frizzante nei punti giusti. Nonostante questo il film non decolla mai, dissolvendosi ben presto dopo l'uscita sala.
Io stesso ho avuto difficoltà a scrivere questa recensione.

In definitiva.
L'Uomo D'Acciaio è un film mediocre con spunti divertenti. Il nuovo Superman non vola oltre il 5.












giovedì 13 giugno 2013

Game of Thrones - La terza stagione


Se non l'avete ancora vista evitate di leggere questo post.
Se avete letto i libri evitate di spoilerare. Che poi m'incazzo.















Come forse avrete letto altrove, questa terza stagione è stata una mezza delusione un po' per tutti.
Si è trascinata attraverso mille storie parallele, talvolta inutili o di riempimento, con pochissimi colpi di scena. Emblema del tutto è stata l'ultima puntata, forse la peggiore mai vista se si tiene conto che dal finale di stagione uno si aspetta quanto meno qualcosa che ti lasci la voglia di proseguire l'anno dopo. Nello specifico sono d'accordo con chi trova assurde alcune scelte di sceneggiatura e una regia non sempre all'altezza.
Prendiamo per l'appunto la puntata 10.
Sono venti fottute puntate che Jaime Lannister cerca di tornare ad Approdo del Re da Cersei. Finalmente arriva, viene prima scambiato per un contadino e dieci secondi dopo è lì sulla porta della regina madre come un ebete. E? Nulla. I due si guardano e ciao. 
E perché rincarare la dose sulle nozze rosse? il corpo di Robb Stark schernito con la testa di Lupo cucita al posto della sua non era un perfetto finale per la 9? Che senso ha ributtarla nella 10 quando ormai lo shock è andato?
Per non parlare della fuga del bastardo di Robert Baratheon; mai vista scena più triste.

Certo la puntata 9 da sola vale l'intera serie. Io che ero incappato nello spoiler della morte di Catelyn Tully ci son rimasto troppo di merda. Perché ok lei, ok Robb che non capiva mai una mazza, ma moglie incinta no dai. E il Meta-Lupo? Io non mi son ripreso.

















Parentesi Meta-Lupi
Parliamone. Sono gli animali più fighi di sempre. Ma sono il simbolo degli Stark. 
Bestia possente battezzata sotto il segno della sfiga.
Vi voglio ricordare che la cucciolata dei Meta-Lupi è rimasta orfana tempo zero. E dopo la loro adozione ai novelli Stark il risultato attuale vede:

2 uccisi (Vento Grigio e Lady)
2 dispersi (Nymeria e Spettro)
2 salvi (Estate e Cagnaccio)

Insomma a conti fatti i Meta-Lupi se la passano peggio degli Stark stessi. E quest'ultimi dovevano scegliersi il Dodo come simbolo.

Tornando alla trama. Se l'uccisione di Ned Stark rappresentava uno shock ma contemporaneamente un Twist narrativo, quella di suo figlio a mio avviso azzoppa la serie. Vero che Martin ha tirato dentro mille personaggi, ma un libro è pur diverso, infatti lo spettatore a differenza del lettore non ha il tempo di affezionarsi a tutti i nuovi arrivati, e lo sceneggiatore non può approfondire così tante storie parallele senza scadere totalmente nel soap-opera. Di conseguenza a tener banco e a scuotere gli umori del pubblico sono ancora quelli della prima stagione.
La morte di Robb Stark vista così è un po' come segare John Locke da Lost.
Sicuramente mi sbaglierò e verrò contraddetto, ma per ora resto di questa opinione.

Ora vi potrei parlare di Daenerys Gandhi Targaryen ma se avete visto questa terza stagione non c'è molto da dire. Se non che si aggira di città in città rastrellando quando un esercito super soldati, quando un esercito di straccioni. Di base lei c'ha la friend-zone e chiunque si avvicina gli regala pure sua madre.

Arriviamo invece al fulcro di questi dieci episodi. Ve lo avevo già anticipato al giro di boa (qui). 
L'unica vera novità che mi ha preso di questa stagione è lei. Rosie Leslie in arte Ygritte.






















Come le migliori passioni.
Alle sue prime apparizioni alla fine della seconda stagiona la odiavo, in questa l'ho adorata.
Cattiva, spavalda, scatenata e innamorata.
Eh si dopo tutto il pippone sui nuovi personaggi, i cali di sceneggiatura e la mediocre puntata 10, sono qui a dirvi che Ygritte è il Top. Che la sua storia d'amore con Jon KnowNothing Snow è bella proprio perché sofferta ed impossibile.
E la scena, nell'ultima puntata, dove piange disperata mentre scaglia frecce su frecce addosso a Jon è tipo la cosa più romantica che ci sia. Mi sono quasi commosso.
Sono serio giuro.

Insomma alti e bassi. In bocca al meta-lupo a tutti.

domenica 9 giugno 2013

Solo Dio Perdona

Solo Dio Perdona è un film di Nicolas Winding Refn.






















Personalmente considero N.W. Refn  uno dei migliori registi contemporanei. Rimasi ammaliato dalle sue storie e dalla sua regia già ai tempi di Pusher 2 e 3, con l'immenso Valhalla Rising visto al Torino Film Fest del 2009 ebbi la conferma di un autore in crescita capace di plasmare ogni materia narrativa alla sua personale visione. 
A Torino ebbi la fortuna di parlarci 10 minuti. Persona squisita, umile e simpatica, tanto da lasciarmi una delle sue mail personali per un progetto. (si ok, è vero, me la sto tirando)

Drive (qui la mia rece) è il film con cui è uscito da quella nicchia cinefila per conquistare il grande pubblico, e porsi all'attenzione di tutti con un cult indimenticabile. Drive è tanto bello quanto avulso dalla filmografia di Refn. Filmografia che in molti hanno continuato a snobbare, e una volta di fronte a Solo Dio Perdona sono incappati in una sonora delusione.

Musica:
















A Bangkok Julian (Ryan Gosling) gestisce insieme al fratello una palestra di Thai Boxe, usata come copertura per lo spaccio di droga. Quando suo fratello stupra e uccide una minorenne richiama le attenzioni di Chang, poliziotto in pensione che risponde all'omicidio con altrettanta violenza. La madre di Julian arriverà sul posto decisa a non lasciare impunita la morte del figlio, alimentando una spirale di vendetta inarrestabile.

Una trama semplice, potente e perfetta per un film di serie B. Ambientato e girato in una sudatissima Thailandia fra i sobborghi di Bangkok, Refn non cede alla tentazione di un nuovo Drive e punta deciso ad una personalissima opera che non scende a patti con nessuno. Impone la sua visione, i suoi ritmi e le sue ossessioni in un concentrato di cinema purissimo.
Solo Dio Perdona è privato di qualsiasi elemento narrativo superfluo. A Refn non interessa approfondire dettagli della trama e i personaggi che si muovono al suo interno. Chi è veramente Chang? Qual'è il passato di Julian?
Vuoti che lo spettatore può riempire con le sue ipotesi e la sua immaginazione, ma che esulano dalle intenzioni di un regista che preferisce colmare con immagini, suoni e musica fino a conquistarne i due sensi in maniera totale. Quasi un ritorno alla radice cinematografica degli albori, in un'epoca dominata dai virtuosi del dialogo e barocchismi di sceneggiatura.
L'ennesima perla imbrattata di sangue nella lunga filmografia del regista danese.

Imbrattata di sangue.
Si. Perché Solo Dio Perdona ha una fotografia stupenda capace di rendere ogni inquadratura un'immagine d'autore, merito anche di location inusuali ed esotiche e al contempo brutalmente kitch. Il tutto dominato, come sempre, dal coloro rosso. Un rosso vivido che rimane in testa e contamina l'intera visione.
Rosso come il sangue, per l'appunto, che scorre nel film, senza particolari censure, con momenti al limite del slasher. Violenza che deflagra sui corpi delle vittime con realismo ed efficacia e che rimanda all'anima della poetica di Refn, dove l'atto violento di un uomo sull'altro risiede dormiente dentro di noi e nella nostra società ma che una volta esploso porta a conseguenze inevitabili senza ritorno.
Da qui il titolo. In una spirale di vendetta e violenza dove non c'è perdono, e l'unica via di fuga è il sacrificio.


Solo Dio Perdona è un western metropolitano dove si scontrano antieroi moderni in un vortice di interpretazioni magistrali. A partire da Ryan Gosling che sorprende tutti in un ruolo inaspettato dove dismette i panni dell'outlaw hero, in favore di un personaggio complesso e ricco di sfumature negative rendendolo a tutti gli effetti un protagonista atipico. Quello con cui il pubblico voleva identificarsi ma che ripudia nel corso della visione.
Grandiosi anche Kristin Scott Thomas e Vithaya Pansringarm. La prima capace di interpretare una madre dominata dall'odio e che vomita solo parole orribili, il secondo spaventosamente silenzioso e dai movimenti controllatissimi, ma che impone rispetto e paura creando un personaggio che è già storia.


Un film d'autore d'introspezione dominato dalla sicura mano di uno dei pochi registi di oggi capaci di stupire e ammaliare con una visione mai scontata, mai superflua, sempre indimenticabile.
In definitiva bellissimo.
















PS: se vi è piaciuto Valhalla Rising correte. Se avete visto solo Drive il rischio di una delusione è dietro l'angolo.
PSS: il film è dedicato ai Jodorowsky. E fra i ringraziamenti c'è Gaspar Noè.

domenica 2 giugno 2013

Amichevoli film francesi - di 'sto cazzo

In principio fu questo.























Poi qualche psicopatico che lavora nel giro della distribuzione italiana ha deciso due semplici cose:
- Le commedie francesi spaccano di brutto.
- Ci vuole la parola "amici" nel titolo che è sinonimo di successo.

Di conseguenza:

































































In poche parole: avete rotto il cazzo!
Grazie.